DIDATTICA PER LE SCUOLE
IL MESTIERE DEL PESCATORE NEL CUORE DEL MEDITERRANEO
Sin dalle origini l'uomo ha sperimentato e messo in atto tecniche utili a catturare animali e pesci per il proprio sostentamento, dapprima nei fiumi e nei laghi, per poi spingersi sempre più lontano, sino agli oceani più remoti. La pesca si è senza dubbio sviluppata ed evoluta come mezzo per acquisire risorse alimentari e in particolare proteine animali. Questo gesto arcaico, con il passare dei secoli, è divenuto sempre più complesso: l’arpionamento, la circuizione con delle reti, l’uso di ami costruiti con denti e ossa di animali, sono tutti gesti che hanno in comune la finalità, che è quella della cattura della preda. Ma oggi la tecnologia, con l’ausilio dell’elettronica, dei radar e dei sonar è arrivata ad un livello tale che ha snaturato la finalità, che non è più quella della cattura della preda come mezzo di sostentamento, ma è decisamente orientata al profitto, e in tal senso vengono meno alcune fondamentali regole relative alla preservazione e alla conservazione delle risorse del mare.
La maggior parte delle persone hanno ancora oggi un’idea romantica e antiquata della pesca, ciò che succede in mare è visto ancora con un occhio diverso rispetto a quello che accade sulla terraferma. Le grandi flottiglie del mondo, facenti capo a grandi multinazionali, arraffano quotidianamente tonnellate di pesce e nelle reti a strascico, circa un terzo del pescato viene rigettato in mare agonizzante, dove sarà unicamente destinato a morte inutile e certa. Purtroppo il mercato si riserva pure il lusso di discriminare, e le specie considerate meno pregiate vengono semplicemente uccise per nulla. Ma non è questo l’articolo dedicato all’overfishing, tema a noi caro e che sin dall’inizio abbiamo trattato e che continueremo a trattare.
In questa sede ci preme invece descrivere ciò che rimane delle tradizioni legate alla pesca, tramandate di padre in figlio e relegate solo al comparto della piccola pesca, attualmente la più diffusa in Europa. E’ l’unico comparto dove sono state tramandate le antiche tecniche e i saperi di un tempo, che in molte marinerie d’Italia trovano ancora spazio e accomunano molti pescatori. Sono ancora vivi i colori, gli odori, le storie e le leggende di un tempo, che animano le piccole marinerie sparse qua e la, ancora molto attive, ma che per molti motivi si trovano a soffrire lo svuotamento dei mari, causato dalla pesca intensiva. A questo proposito mi sono recato, ospite dell’amico Marcello, in un piccolo borgo di pescatori, ubicato nella parte sud-occidentale della Sicilia, dove la piccola pesca costiera è vissuta e praticata con passione.
Ci troviamo a Marinella di Selinunte, nel centro del Mediterraneo, un Mediterraneo che conserva e custodisce gelosamente anche i templi degli antichi Greci.
Ho visto praticare questo mestiere con orgoglio e passione da persone speciali. Chissà chi tra questi pescatori discende dagli antichi greci, che nelle stesse acque hanno compiuto gli stessi gesti e pescato lo stesso pesce? Nei visi dei pescatori del luogo si percepisce un atteggiamento fiero e segnato dal mare, dal sole e dalla salsedine, che lascia trasparire nei lineamenti uno spirito di sacrificio e di passione, indispensabili per uscire in mare e praticare il mestiere di pescatori.
Nino è uno di loro, sempre sorridente, con un volto che esprime gioia e felicità di andar per mare, non nascondendo però le difficoltà di questo mestiere. Nel piccolo porticciolo che si trova ai piedi del borgo marinaro, accanto allo Yacthing Club di Marinella di Selinunte, si possono osservare le piccole imbarcazioni dei pescatori dai colori sgargianti com’è solito scorgere in altre marinerie, PadrePio, Albatros, La Medusa, Salvatore, AngelaeRita, questi alcuni nomi impressi sulla prua delle imbarcazioni, nomi non scritti a caso, dietro ad essi si celano vicende umane toccanti, racconti epici forse, un mistero che non ho voluto mi fosse svelato, rispettando il motivo di queste scelte senza chiederne il perché.
Nino, Rosario, lo Zio Pino, tutti abili pescatori, che ogni giorno sfidano la buona sorte, e alcuni giovani, una speranza per il futuro e per la continuazione della tradizione. Un mestiere snobbato da molti, perché duro, difficile, a volte poco remunerativo, scomodo, ma che ti proietta in un mondo affascinante per chi ama la natura. Lo spettacolo dell’alba e del tramonto, il canto dei gabbiani che ti accompagnano ogni giorno, la nebbia del mattino autunnale, il freddo dell’inverno, la pioggia che spesso ti sorprende, un mare che ti dondola quando è calmo e che ti sobbalza quando è mosso, che incute paura e rispetto, quel mare che a volte si porta via qualche vita, ma sempre magnifico e grandioso. Ma è anche un mondo che subisce più che mai i gesti dell’uomo, stona forte l’eccessiva antropizzazione della fascia costiera, in Sicilia come in qualsiasi altra regione del Mediterraneo. Fra i primi custodi del mare, troviamo proprio i pescatori, coloro che dovrebbero sfruttare con parsimonia le risorse ittiche, e allo stesso tempo da inquadrare nel Codice di Condotta della pesca responsabile ( FAO 1996 ) dove tale figura è intesa come protagonista della gestione e dell’uso compatibile del mare.
La piccola pesca costiera è praticata con modeste imbarcazioni di stazza lorda non superiore alle 10 tonnellate (art. 19 del Decreto Ministeriale 26 luglio 1995). Le dimensioni del natante permettono di praticare in autonomia questo mestiere, con spese di esercizio e gestione contenuti.
Per capire questo mondo, ancora, per certi aspetti, insolito e arcaico, ho voluto seguire la giornata tipo di alcuni pescatori, tra cui, Capitan Rosario e Nino, per comprendere come anche le situazioni di difficoltà possono influenzare in maniera incisiva la loro crescita e i loro guadagni. Ma prima, ho voluto chiedere al dott. Martino, presidente dello Yachting Club locale, cosa potrebbe rappresentare e cosa rappresenta in un borgo, tradizionalmente di pescatori, una piccola marina da diporto appunto come quella di Selinunte.
Il dott. Martino, a sinistra nell’immagine, mi spiega che è la passione per il mare e per la pesca in particolare che ha spinto alcuni soci a fondare lo Yachting Club Marinella di Selinunte. L’importanza di avere una darsena per la nautica da diporto accanto al porticciolo dei pescatori ha anche un ruolo di scambio fra culture diverse e modi di vivere il mare.
Una realtà che vede i pescatori ogni giorno combattere con le difficoltà di un mestiere difficile, e i diportisti, che in mare ci vanno per rilassarsi e divertirsi, ma che in primo luogo rispettano chi per mare ci va per mestiere, intrecciando sentimenti di amicizia e tradizione marinara.
Come accade a Marinella di Selinunte.
Al mattino di buon ora, i pescatori rientrano con il loro pescato, animando subito dopo nella piazzetta accanto al porticciolo, un mercato o meglio un'asta del pesce, dove il brusio di voci e colori, coinvolge tutta la popolazione locale e i turisti, che traggono anche i benefici dei consigli pratici di chi per mare ci va da sempre. Si tratta di consigli su come cucinare il pesce, creando un ambiente carico di folklore. Efettivamente con l’asta possiamo capire cosa il mare "regala" ogni giorno.
Si svolge annualmente anche una sagra tradizionale, che è quella della Sarda di Selinunte, "un pesce azzurro le cui proprietà essendo ricco di omega 3" ci spiega Martino "aiutano a combattere le malattie cardiache" e come spesso accade proprio dal pesce “povero” snobbato da tanti, che arrivano i preziosi benefici che regalano al corpo e al palato a cui non potevo sottrarmi neppure io, una carica di benessere.
Facendo due chiacchiere con Rosario, giovane pescatore del luogo, che tutti chiamano Saro, mentre ci gustiamo una fresca granita al bar del porto, mi rendo conto che altri, come lui, hanno avuto la possibilità di fare un altro mestiere, ma poi, per svariati motivi e soprattutto per la passione per il mare, hanno scelto di rimanere pescatori.
Anche Saro concorda sul fatto che il mare si sta svuotando, e certamente non per causa loro che pescano con piccole imbarcazioni e poche quantità di pesce alla volta. Tra i vari motivi la temperatura del mare che stranamente è ancora bassa in questo periodo (inizio luglio). Questo determina lo spostamento del pesce su batimetrie differenti da quelle dove è usuale calare le reti. A volte accade il contrario e le temperature dell'acqua sono troppo elevate. Questo determina un elevato tasso di mortalità tra il novellame e una diminuzione delle catture (causa del mancato reclutamento). Dopo questa premessa, mi illustra la tipica giornata del pescatore.
Ci si sveglia di buon ora al mattino, in base alla distanza da percorrere per la “tirata delle reti”. Le reti che si utilizzano hanno maglie del 11-210/2, solitamente si utilizzano da Maggio a Settembre, per catturare mazzancolle, sogliolette, seppie, boghe, cefalotti, polpi, mormore, triglie, palombi, saraghi, pagelli ecc. Si arriva sul punto della calata in prossimità di Capo Granitola e fin verso Capo S. Marco, nel tardo pomeriggio, calando circa un miglio (1800 metri) di rete, che è alta circa tre metri. La si lascia fino al mattino seguente, dove verso le 6 viene recuperata e privata deil pescato, che viene disposto in cassette per poi essere portato, subito dopo, al mercato dove poter svolgere la tradizionale asta del pesce.
La cosa fondamentale, naturalmente, è quella di controllare le previsioni meteo e le condizioni del mare prima di ogni uscita.
A fine Settembre si cambia la tipologia della rete, e si utilizza la rete “ giapponese” il mono filo, per catturare le ricciole, fino a metà Novembre, per poi cambiare nuovamente e utilizzare reti di nyilon per le sogliole, fino a Gennaio, per continuare poi con la cattura delle seppie sino a Maggio. La manutenzione delle reti si effettua quando è necessario, mentre per l’imbarcazione si prestano le normali operazioni di controllo per il materiale di consumo. Il carenaggio, necessario e fondamentale per il buon mantenimento della barca si effettua solitamente due volte l’anno.
Altre imbarcazioni praticano la pesca al pesce spada (palangaro) alternando la pesca tradizionale, a quella delle sarde (ciangiolo).
La sensazione dunque, dopo questi incontri, è quella di una situazione difficile per il mondo della pesca, anche se la forte tradizione marinara e la capacità operativa dei singoli pescatori, rende questo settore ancora vivo e indispensabile per l’economia dei luoghi, del resto più di altri settori la pesca costiera si basa su un rapporto imprescindibile tra il pescatore e il mare, legati da tradizioni radicate e tramandate, oralmente, nel corso dei secoli.
Sopra, a sinistra Rosario detto Saro e al centro, la sua imbarcazione
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